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RAPPORTO SULL’INSICUREZZA ALIMENTARE 2017: LA CURVA DELLA FAME TORNA A CRESCERE

15 Settembre 2017

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), nel 2016 le persone che soffrono di fame sono aumentate di 38 milioni. Esse si aggiungono ad un numero già impressionante, poiché oggigiorno sono ormai 815 milioni le persone coinvolte dal problema.

Il rapporto sottolinea inoltre che per risolvere il problema della fame è imprescindibile focalizzare maggiormente l’attenzione sulla prevenzione e sulla risoluzione dei conflitti armati.

Dal momento che la comunità internazionale si è posta come obiettivo l’eradicazione della fame entro il 2030, tali cifre pongono una questione: stiamo fallendo nella lotta contro la fame?

Africa Sub-Sahariana colpita in pieno

L’Africa Sub-Sahariana e il Sud-Est asiatico sono le zone più colpite. Nell’Africa Sub-Sahariana la popolazione interessata da insicurezza alimentare è passata dal 20% nel 2013 al 22,6% nel 2016. La situazione più grave si riscontra nell’Africa orientale, dove 1/3 della popolazione soffre la fame.

Il 2017 sarà ricordato come l’anno delle quattro pre-carestie in Nigeria, Somalia, Sud-Sudan e Yemen: la peggiore crisi umanitaria mondiale dal 1945. Alla vigilia del decimo anniversario della crisi alimentare mondiale del 2007-2008, la comunità internazionale non è riuscita a sradicare la fame e si trova ad affrontare ancora una volta molteplici crisi alimentari e nutrizionali.

Conflitti e cambiamento climatico tra i principali responsabili

I quattro Paesi attualmente sull’orlo della carestia (Somalia, Sud Sudan, Nigeria e Yemen) mettono in evidenza le conseguenze drammatiche dei conflitti sulla fame e la sicurezza alimentare. Senza aiuto umanitario, le popolazioni civili nelle zone di conflitto si trovano in situazione di vulnerabilità estrema, soprattutto quando sono costrette ad abbandonare le loro case, le loro terre e i loro mezzi di sussistenza.

Azione contro la fame sottolinea che è urgentemente necessario uno sforzo politico concertato per porre fine a queste crisi e permettere la fornitura di assistenza alimentare e di altri aiuti essenziali.

I cambiamenti climatici costituiscono un fardello supplementare per la sicurezza alimentare, nutrizionale e l’accesso all’alimentazione dei più poveri, e vanificano gli attuali sforzi impiegati nella lotta contro la fame.

Il rapporto cita soprattutto il fenomeno di El Nino come responsabile di numerose siccità, avvertite soprattutto in America centrale oltre che in Africa orientale e nel sud-est asiatico; così come le terribili inondazioni in India, Kenya e America meridionale.

La riduzione dell’intensità e della frequenza delle precipitazioni impedisce agli agricoltori di portare a frutto le loro colture e li priva di fonti di approvvigionamento idrico necessarie al loro bestiame. La conseguenza è inoltre la perdita o la mancata crescita dei raccolti e il decesso dei loro animali.

Riportare la fame al centro delle priorità politiche

Azione contro la Fame vuole ricordare che le cause della fame sono molteplici: povertà e diseguaglianze sociali, conflitti e spostamenti forzati, violazioni dei diritti dell’uomo, diseguaglianze di genere e mancanza di autonomia per le donne, cambiamenti climatici, politiche agricole inadeguate, accaparramento delle terre, fallimento degli Stati.

Senza un approccio multidimensionale, la fame persisterà.

Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di porre fine alla fame entro il 2030, la comunità internazionale deve esercitare una volontà politica più forte  e mobilitare più risorse. Il numero di persone che soffrono di fame nel mondo sta aumentando non solo a causa dell’impennata nei conflitti, ma anche – e soprattutto – perché la fame non è una priorità politica globale.

È possibile mettere fine alla fame. Per farlo, Azione contro la Fame esorta:

  • Gli Stati e la Comunità Internazionale ad esercitare pressione politica per porre fine alle crisi, evitare la carestia e rompere il circolo vizioso tra la fame e il conflitto.
  • Rispettare, promuovere e adempiere ai diritti umani, in particolare i diritti delle donne e dei bambini.
  • I donatori e i governi dei Paesi in via di sviluppo per aumentare i loro finanziamenti umanitari per rafforzare nel lungo termine la capacità di risposta alle crisi della carestia e ridurre la vulnerabilità dei gruppi a rischio, favorendo l’agricoltura su piccola scala a lungo termine e sostenendo strategie di attenuazione del cambiamento climatico e adattamento.
  • I donatori e i Paesi sviluppati a garantire che l’attenzione sulla nutrizione sia mantenuta nelle crisi umanitarie e i bisogni associati a garantire un’adeguata alimentazione per donne, bambini e adolescenti in caso di emergenza siano adeguatamente finanziati; (2) definire piani sostenibili a lungo termine e strategie nutrizionali che durano oltre la fase di emergenza.

A meno che non si prendano simili azioni, gli sforzi fatti finora rischiano di non bastare. Le cifre del rapporto sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione 2017 devono essere una sveglia per spingere la comunità internazionale ad adottare un’azione più efficace contro la fame e l’insicurezza alimentare in tutto il mondo.

Non abbiamo più il tempo per ripetere gli stessi errori.


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