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Colombia, un anno dopo l’accordo di pace

22 Novembre 2017

“Sebbene la comunità internazionale e molti colombiani nelle grandi città abbiano chiuso il capitolo più doloroso della Storia recente del Paese (220.000 morti, 7.3 milioni di sfollati e oltre 50 anni di guerra) la verità è che la Colombia nei prossimi mesi dovrà affrontare sfide enormi: lo Stato non ha ancora raggiunto vaste aree precedentemente controllate dai guerriglieri e mancano ancora servizi di base, mentre le enormi aspettative sollevate dal processo si stanno sgonfiando,” ha spiegato questa mattina il direttore generale di Azione contro la Fame Spagna, appena rientrato da Putumayo, una delle aree nel sud del Paese fino a poco tempo fa controllate dalle FARC.

“Non possiamo rilassarci ora. Il Nobel è stato un riconoscimento globale del processo di pace, ma dobbiamo continuare a mantenere il suo spirito e per sostenere la Colombia,” ha aggiunto.

“Dal lato positivo dobbiamo sottolineare la graduale riduzione degli sfollati interni (nel 2016 erano solo un quarto dei 250.000 del 2014), anche se c’è ancora uno spostamento causato da altri gruppi armati o criminali che stanno occupando lo spazio lasciato dalle FARC. Dobbiamo anche valutare l’impegno del governo e di buona parte della popolazione nel camminare costantemente e inesorabilmente verso la pace,” ha spiegato Longué.

Niente di più fragile della pace

“Le organizzazioni umanitarie sanno bene che la costruzione della pace richiede tempo e che serve un percorso complesso per passare dalle dinamiche della guerra a un’economia e una societàpacifiche, per riconciliare popoli che hanno accumulato anni di dolore e risentimento…ma questo Paese ci ha già dato un esempio molto positivo con la smobilitazione del M19 nei primi anni Novanta e sono fermamente convinto che chiuderà anche questa ferita,” ha aggiunto Longué dopo aver ricordato che questa è stata, in effetti, la guerra di una sola parte della Colombia: “una grande parte sconnessa, dimenticata, rurale, in aree difficili da raggiungere nella foresta amazzonica”.

Non è il momento di rilassarsi

Sarebbe un grave errore per la comunità internazionale ritirare il suo sostegno alla Colombia in questo momento: “È necessario accompagnare il processo di pace in modo neutro. Sono necessari anche investimenti economici [a luglio 2017, solo il 35% dell’appello umanitario di 117.3 milioni di dollari richiesto dalle Nazioni Unite era  coperto, inclusi tre milioni di contributi del governo spagnolo] ed è necessario sensibilizzare i cittadini, per convincerli che è possibile realizzare la pace,” ha spiegato Longué.

Il ruolo delle organizzazioni umanitarie

Da parte sua, la direttrice regionale di Azione contro la Fame per l’America Latina, Benedetta Lettera, ha affermato che le organizzazioni umanitarie sono ancora necessarie: “non solo per soddisfare i bisogni primari di acqua, cibo e riparo di cinque milioni di colombiani, ma per il nostro ruolo di sorveglianza e protezione umanitaria. Vogliamo sottolineare che un’organizzazione come Azione contro la Fame, che opera nel Paese dal 1998, ha un riconoscimento presso le comunità confinate che le istituzioni statali ancora non hanno, quindi possiamo – e vogliamo – accompagnare il processo fino alla fine. “

“Lo sviluppo rurale – ha aggiunto Longué – è infatti uno dei punti più importanti dell’agenda di pace e presenta sfide importanti come lo sminamento dei campi e la sostituzione delle colture illecite. Una nuova agricoltura, un nuovo commercio…tutto dev’essere costruito, compreso il futuro dei 15.000 guerriglieri smobilitati o dei milioni di sfollati che potrebbero scegliere di non tornare nei loro luoghi di origine e cercare una vita migliore nelle città,” ha aggiunto Longué .

I disastri naturali legati ai cambiamenti climatici (oltre un milione di sfollati nel Paese sono dovuti a disastri naturali) e la crisi al confine con il Venezuela sono altre due sfide umanitarie che dovranno essere affrontate nei prossimi mesi.

Azione contro la Fame lavora in Colombia dal 1998, con un team di circa 60 professionisti umanitari, e ha aiutato più di 450.000 persone con acqua, servizi igienico-sanitari, programmi nutrizionali e sanitari, sicurezza alimentare e mezzi di sussistenza.

 

 

 

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